Upskilling: cos’è e perché non aiuta il coinvolgimento dei dipendenti

CoachHub · 23 March 2022 · 4 min read

Programmi di upskilling inadeguati: errori più comuni

Irrilevanza: ecco cosa proviamo implicitamente a evitare quando parliamo di upskilling. Il dilemma è che i dipendenti temono di venir licenziati e sostituiti da nuovi talenti o robot, mentre le aziende hanno bisogno di innovare costantemente o rischiano di rimanere indietro rispetto alla concorrenza.

La pandemia e i suoi effetti catastrofici sull’economia non hanno fatto altro che accentuare ulteriormente queste paure. Più che mai, infatti, i dipendenti frequentano corsi – di loro spontanea volontà o su richiesta delle loro aziende – affinché sia loro che le rispettive organizzazioni possano rimanere in testa nel mercato. Di conseguenza, l’upskilling è più richiesto che mai.

Il 70% dei dipendenti a Singapore desidera rimanere rilevante iscrivendosi a corsi; a livello globale, la crescita prevista per il mercato dell’e-learning (ossia la formazione virtuale) per le aziende tra il 2020 e il 2024 ammonta a ben 38 miliardi di dollari.

Tuttavia, sembra che i dipartimenti di Risorse Umane non riescano a captare l’attenzione dei loro colleghi con i programmi di formazione interna che organizzano. Secondo un articolo pubblicato a Singapore, la maggior parte dei dipendenti preferisce frequentare corsi al di fuori del posto di lavoro, il che suggerisce una potenziale disconnessione tra ciò che le aziende offrono e ciò che gli impiegati si aspettano.

Il costo di programmi inadeguati di upskilling

Secondo The Industry Report, in media le aziende investono oltre 1.000 USD per persona in programmi di formazione. Come succede con la maggior parte dei costi aziendali, una spesa del genere ha senso solo se le organizzazioni ammortizzano l’investimento con un aumento della produttività. Questo è vero in particolare per le società di grandi dimensioni, dove il numero di impiegati può far lievitare i relativi costi. Ad ogni modo, l’aspetto economico non è l’unico tasto dolente:

il tempo dedicato alla formazione equivale a tempo in cui non si lavora. In media, le aziende dedicano alla formazione dei loro dipendenti fino a 102,6 ore, l’equivalente di più di 12 giorni lavorativi.

Quando si investono risorse di questo genere nella formazione del personale, può essere demotivante scoprire che, secondo uno studio condotto a Singapore, il 46% degli impiegati non è interessato ai corsi offerti dall’azienda. A questo dato si contrapporrebbe però il seguente: l’86% dei millennial sostiene che continuerebbe a lavorare in posti di lavoro in cui siano previsti programmi di formazione e sviluppo. Quale dei due dati va preso per buono?

I dipendenti non hanno accesso alle competenze che vogliono

Questa affermazione diventa più chiara se si considera l’attuale mercato lavorativo: viviamo in un’epoca in cui le qualifiche formali si stanno svalutando, mentre aumenta la richiesta di candidati con competenze pratiche e comprovata esperienza. A tutto ciò si aggiunge la minaccia incombente dell’intelligenza artificiale, che potrebbe lasciare molti senza lavoro.

I programmi di formazione attualmente offerti dalle aziende non coinvolgono i dipendenti perché non forniscono loro le competenze che desiderano acquisire. Per via di budget limitati, le organizzazioni spesso optano per investire in competenze direttamente legate al tipo di lavoro di ciascun impiegato. I dipendenti, d’altro canto, preferiscono piuttosto ampliare i propri orizzonti e scoprirne di nuovi.

Tuttavia, gli individui con un profilo multidisciplinare e versatile possono offrire grande valore aggiunto alle aziende, soprattutto in un periodo in cui il lavoro a distanza o ibrido sta prendendo piede più che mai. Con una supervisione in presenza limitata, i dipendenti capaci di acquisire nuove competenze e gestire questioni interdipartimentali in modo indipendente hanno un enorme valore.

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L’upskilling richiede più tempo e risorse di quanto un’azienda possa permettersi

Le aziende non si rendono conto di quanto i dipendenti desiderino continuare a crescere professionalmente e acquisire nuove competenze.

Uno studio condotto da PWC nel 2021 ha rivelato, sorprendentemente, che il 77% del personale sarebbe persino disposto a formarsi nuovamente da zero, solo per disporre di più opzioni lavorative.

Ciononostante, la verità è che l’acquisizione di nuove competenze richiede tempo, molto di più di quello che molte aziende possono pagare. Inoltre, un dipendente su due è troppo occupato per via di una grande mole di lavoro, per cui non ha tempo da dedicare al proprio sviluppo personale.

Vediamo qui in dettaglio il tempo necessario ad acquisire alcune delle competenze più richieste:

La mole di tempo da investire per acquisire nuove competenze con successo è così ingente che l’upskilling è davvero fattibile solo se i dipendenti hanno molta motivazione personale. Questo tipo di entusiasmo è difficile da generare tra dipendenti a cui si rifilano programmi formativi che non sono stati loro a richiedere.

Ha molto più senso personalizzare le iniziative di formazione a seconda del dipendente in questione: un approccio che soddisferebbe nove su dieci impiegati, che vogliono un’offerta di upskilling personalizzata per le loro esigenze. Per quanto riguarda l’azienda, confrontarsi regolarmente con i dipendenti permette di determinare i loro progressi nell’acquisire nuove competenze e consentirebbe ad ambo le parti di utilizzarle a vantaggio dell’azienda.

Fai emergere il potenziale dei dipendenti con programmi formativi personalizzati

L’upskilling e lo sviluppo professionale non devono sembrare compiti a casa. Consenti ai tuoi dipendenti di selezionare le competenze che desiderano acquisire e di programmare da sé le lezioni, così che l’apprendimento avvenga in un momento e ambiente che fomenti in modo ottimale la loro crescita.

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